Agenzia delle entrate: chiarimenti su esenzione IVA per attività di carattere educativo e didattico

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sul trattamento ai fini IVA riguardante attività di natura educativa e didattica (Agenzia delle entrate, risposta 9 maggio 2023, n. 321).

La questione oggetto del parere dell’Agenzia delle entrate è posta da una società che svolge corsi di formazione di lingua inglese e che dichiara di aver ottenuto il riconoscimento all’applicazione del regime di esenzione IVA, così come previsto dall’articolo 10, co. 1, n. 20), del D.P.R. n. 633/1972 (Decreto IVA). Dovendo erogare corsi di lingua per conto di due diverse società, delle quali una sola in possesso dei requisiti di esenzione, l’istate ha chiesto chiarimenti in merito al regime di esenzione IVA  prospettando la possibilità di fatturare alla prima società la prestazione senza IVA, fatturando la società stessa a sua volta ai propri
clienti in esenzione IVA, e alla seconda società di fatturare la prestazione ugualmente senza IVA, ma lasciando poi fatturare la società ai propri clienti applicando l’IVA.

 

L’articolo 10, primo comma, n. 20) del Decreto IVA prevede l’esenzione dall’IVA per le prestazioni educative dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da enti del Terzo settore di natura non commerciale.

 

Per beneficare della suddetta esenzione IVA, le prestazioni devono essere:

– di natura educativa dell’infanzia e della gioventù o didattica di ogni genere, ivi compresa l’attività di formazione, aggiornamento, riqualificazione e riconversione professionale (requisito oggettivo)

– erogate da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni (requisito soggettivo).

 

L’istante gode del regime speciale basato sul parere tecnico vincolante dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio, ma essendo tale regime circoscritto all’attività di natura educativa e didattica specificatamente riconosciuta, è da valutare se, in base agli accordi stipulati con gli istituti interessati, l’attività che la società rende a loro favore sia la stessa attività di insegnamento per la quale ha ottenuto il riconoscimento e non consista invece in una mera messa a disposizione di insegnanti, in cui il docente svolge temporaneamente compiti di insegnamento sotto la responsabilità di quest’ultimo istituto (sentenza della Corte di Giustizia UE, C­434/05 del 14 giugno 2007, par. 19, 22, 23). In questa fattispecie, infatti, non ricorrerebbero i presupposti per l’esenzione IVA.

 

L’Agenzia, pertanto, ritiene che le prestazioni che la società intende effettuare siano esenti da IVA al verificarsi delle seguenti condizioni:

  • permangano in capo all’istante i presupposti di fatto e di diritto in base ai quali la Direzione regionale del Lazio ha reso il citato parere;

  • le prestazioni siano identiche a quelle oggetto di ”riconoscimento” e non consistano nella mera messa a disposizione di docenti, nel senso chiarito dalla Corte di Giustizia UE.

Al ricorrere dunque di questi presupposti l’istante potrà fatturare le prestazioni pattuite in esenzione da IVA agli istituti committenti, riconosciuti o meno.

Per quanto riguarda, invece, la prestazione di insegnamento che gli stessi istituti committenti a loro volta fatturano ai propri discenti, torna dirimente il possesso del requisito del riconoscimento.

D.L. n. 51/2023: nuove date per la Rottamazione quater

Sulla Gazzetta Ufficiale del 10 maggio 2023, n. 108, è stato pubblicato il decreto-legge 10 maggio, n. 51. tra le numerose disposizioni, prevista la proroga dei termini della rottamazione quater.

Con la pubblicazione in Gazzetta del decreto-legge 10 maggio 2023, n. 51, è stata ufficializzata la proroga di termini legislativi, già preannunciata dal comunicato del Consiglio dei ministri del 4 maggio 2023, n. 33. Nello specifico, all’ interno del citato decreto, cosiddetto “Omnibus”, è l’articolo 4 ad occuparsi della proroga dei termini in materia fiscale, apportando modifiche all’articolo 1 della Legge n. 197/2022, commi 232, 233, 235, 237, 241 e 243.

 

Tali modifiche prevedono in materia di definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione che il pagamento dei debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 possa essere effettuato:

– in unica soluzione non più entro il 31 luglio 2023, ma entro il 31 ottobre 2023; 

– ovvero nel numero massimo di diciotto rate, la prima e la seconda delle quali, ciascuna di importo pari al 10% delle somme complessivamente dovute ai fini della definizione, con scadenza rispettivamente il 31 ottobre, invece che il 31 luglio, e il 30 novembre 2023 e le restanti, di pari ammontare, con scadenza il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2024.

 

Con riferimento alla manifestazione della volontà di procedere alla definizione, la data entro la quale dovrà essere resa è il 30 giugno 2023, e non più il 30 aprile 2023, e potrà essere integrata entro la stessa data. Inoltre la comunicazione da parte dell’agente della riscossione delle somme dovute potrà avvenire entro il 30 settembre 2023 e non più entro il 30 giugno.

Risulta, inoltre, posposta al 31 ottobre 2023, dal 31 luglio, la data alla quale le dilazioni sospese saranno automaticamente revocate.

Infine il decreto specifica che le disposizioni di cui all’ articolo 37 comma 2-bis lettera c-bis) del D.Lgs. n. 241/1997, riguardo alla trasmissione in via telematica all’Agenzia delle entrate dei dati contenuti nelle schede relative alle scelte dell’8, del 5 e del 2 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, si applicano a partire dalle dichiarazioni relative al periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 73/2022. Fino al periodo di imposta in corso a tale data, i dati contenuti nelle schede continuano a essere trasmessi con le modalità e secondo i termini stabiliti dall’articolo 17, comma 1, del decreto del Ministro delle finanze n. 164/1999.

Per concludere l’articolo 4 prevede che le elezioni del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria vengano indette entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto e che le stesse si svolgano entro il 30 settembre 2023.

Tari e fabbisogni standard: aggiornamento linee guida

 Il Dipartimento delle finanze ha aggiornato le linee guida interpretative per l’applicazione del comma 653 dell’articolo 1 della Legge n. 147/2013 per supportare gli enti locali che devono approvare i piani finanziari e le tariffe della TARI per l’anno 2023.

Secondo quanto disposto dall’articolo 1, comma 653 della Legge n. 147/2013 a partire dal 2018, nella determinazione dei costi di cui al comma 654, il comune deve avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard. Il costo del servizio rifiuti deve essere interamente finanziato dal relativo prelievo, la tassa sui rifiuti (TARI), che può essere declinata anche in termini di tariffa corrispettiva. 

 

Con la deliberazione 31 ottobre 2019, n. 443, l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA) ha definito i criteri di calcolo e riconoscimento dei costi efficienti di esercizio e di investimento, approvando, successivamente, il Metodo tariffario per il servizio integrato di gestione dei rifiuti per il secondo periodo regolatorio 2022-2025 (MTR-2). Il nuovo Metodo prevede l’uso del fabbisogno standard come benchmark di riferimento per il costo unitario effettivo del servizio di gestione dei rifiuti urbani, in particolare per la determinazione del coefficiente di recupero di produttività Xa, nonché per le valutazioni relative al superamento del limite alla crescita annuale delle entrate tariffarie per assicurare il raggiungimento dei previsti miglioramenti di qualità ovvero per sostenere il processo di integrazione delle attività gestite.

 

E’ confermata, in generale, la prassi interpretativa delle precedenti linee guida, secondo cui i fabbisogni standard del servizio rifiuti rappresentano un paradigma obbligatorio di confronto per permettere all’ente locale di valutare l’andamento della gestione del servizio. Il richiamo alle “risultanze dei fabbisogni standard”, infatti, deve essere letto in coordinamento con il complesso procedimento di determinazione dei costi e di successiva ripartizione del carico della TARI su ciascun contribuente. Il DEF ricorda, altresì, che le risultanze dei fabbisogni standard sono a oggi disponibili solo per le regioni a statuto ordinario. 

 

Nello specifico, le linee guida chiariscono che il fabbisogno standard finale di ogni comune è il risultato del prodotto di due grandezze: il costo standard di riferimento per la gestione di una tonnellata di rifiuti e le tonnellate di rifiuti urbani gestite dal servizio.

Per l’individuazione delle “risultanze dei fabbisogni standard” si fa riferimento al “costo standard” di gestione di una tonnellata di rifiuti, calcolato sulla base di un modello statistico di regressione che mette in relazione i costi osservati in un ampio campione rappresentativo di comuni con le rispettive variabili gestionali e di contesto che influiscono sul costo stesso. Per ottenere il costo standard di riferimento di ogni comune, alla stima del costo medio nazionale di riferimento per la gestione di una tonnellata di rifiuti bisogna aggiungere i differenziali di costo relativi alle seguenti componenti: 

– la percentuale di raccolta differenziata;
– la distanza in km fra il comune e gli impianti;
– il numero e la tipologia degli impianti regionali;
– la percentuale di rifiuti urbani trattati e smaltiti negli impianti regionali;
– la forma di gestione del servizio rifiuti;

– i fattori di contesto del comune relativi alle principali caratteristiche del contesto demografico, morfologico ed economico comunale;
– le economie/diseconomie di scala;
– le modalità di raccolta dei rifiuti urbani, distinte in domiciliare o “porta a porta”;
– il cluster o gruppo omogeneo di appartenenza del comune.

 

La variabile “percentuale di rifiuti urbani trattati negli impianti regionali di incenerimento e coincenerimento” deve essere considerata nel calcolo del costo standard anche se non presenta individualmente un impatto statisticamente significativo, in quanto, considerata congiuntamente alle percentuali di rifiuti trattati e smaltiti nelle altre tipologie di impianto, risulta significativa.

Infine, il DEF specifica che le variabili “percentuale di rifiuti urbani trattati negli impianti regionali di trattamento meccanicobiologico” e “raccolta stradale” non compaiono nel modello in quanto già considerate nella quantificazione del costo base come categorie di confronto (benchmark).