Acconto IVA 2023: istruzioni del Fisco sulle modalità di riversamento

L’Agenzia delle entrate ha disposto i tempi e le modalità per il riversamento all’Erario dell’acconto dell’IVA del mese di dicembre 2023 da parte degli intermediari convenzionati (Agenzia delle entrate, provvedimento 19 dicembre 2023, n. 429954).

I contribuenti sottoposti agli obblighi di versamento dell’IVA sono tenuti ad eseguire il pagamento dell’IVA dovuta a titolo di acconto entro il 27 dicembre di ciascun anno.

Il versamento dell’imposta è effettuato mediante delega di pagamento agli intermediari convenzionati con l’Agenzia per i servizi F24/I24 (banche, Poste, prestatori di servizi di pagamento non bancari, agenti della riscossione).

Il riversamento delle somme corrisposte dai contribuenti deve poi avvenire non oltre il successivo 31 dicembre.

A seconda dei canali di versamento utilizzati dai contribuenti, le convenzioni regolanti i Servizi F24/I24 prevedono diversi termini di riversamento di tali somme.

 

Al riguardo, anche in deroga alle previsioni convenzionalmente pattuite, l’Agenzia delle entrate con il nuovo provvedimento stabilisce che: 

  • gli intermediari riversano entro il 29 dicembre 2023, sulla contabilità speciale accesa presso la Banca d’Italia – Tesoreria dello Stato, anche in deroga ai termini di riversamento previsti nelle convenzioni regolanti i Servizi F24/I24, le somme versate dai contribuenti a titolo di acconto dell’IVA nelle giornate del 20, 21, 22 e 27 dicembre 2023, tramite i canali per i quali è stabilito convenzionalmente il riversamento entro 3 giorni lavorativi o 5 giorni lavorativi;

  • gli intermediari si attengono ai termini convenzionali per il riversamento delle somme versate dai contribuenti il 27 dicembre 2023 tramite i canali per i quali è stabilito il riversamento entro 2 giorni lavorativi;

  • gli intermediari possono riversare cumulativamente, con un unico bonifico, le somme versate dai contribuenti a titolo di acconto dell’IVA; in tal caso il flusso rendicontativo unico deve pervenire all’Agenzia delle entrate entro il 29 dicembre 2023.

Infine, l’Agenzia precisa che sono escluse da tali disposizioni le somme affluite il 29 dicembre 2023 sulla contabilità speciale e relative ai versamenti eseguiti tramite il modello “F24 enti pubblici” (F24 EP).

 

Consiglio dei ministri, approvato in esame preliminare il D.Lgs. di riordino del settore giochi

In esame preliminare, il Consiglio dei ministri del 19 dicembre 2023 ha approvato un decreto legislativo che introduce disposizioni in materia di riordino del settore dei giochi, a partire da quelli a distanza, ai sensi dell’articolo 15 della Legge delega per l’attuazione della riforma fiscale (Consiglio dei ministri, comunicato 19 dicembre 2023, n. 62).

Il testo costituisce il quadro regolatorio nazionale della disciplina dei giochi pubblici ammessi in Italia, in particolare quelli a distanza (ovvero quelli che prevedono l’effettuazione del gioco in modalità interattiva attraverso una piattaforma su internet, in tv o al telefono), con esclusione di quelli a rete fisica e delle case da gioco (per le quali resta ferma la disciplina vigente).

 

Il testo individua i principi, compresi quelli di matrice europea, che regolano il gioco pubblico:

  • tutela dei minori;

  • cura e prevenzione delle ludopatie;

  • contrasto del gioco illegale;

  • tutela dell’affidamento nei rapporti tra Stato e concessionario;

  • utilizzo della pubblicità funzionale alla diffusione del gioco sicuro e responsabile.

Oltre ciò, il D.Lgs. si sofferma sul rapporto concessorio per i giochi a distanza, con l’individuazione delle varie tipologie di giochi pubblici a distanza con vincite in denaro.

Viene confermato che l’esercizio e la raccolta a distanza dei giochi pubblici è consentito ai titolari di concessione rilasciata dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli all’esito di gara pubblica e si prevede che la durata massima della concessione sia di 9 anni, con esclusione del rinnovo.

Sono previsti specifici requisiti e condizioni che devono essere posseduti dai soggetti che partecipano alla gara pubblica e che devono valere per la durata della concessione.

 

Tra gli obblighi a carico del concessionario vi sono:

– la tracciabilità dei flussi finanziari connessi al gioco;

– il versamento di un corrispettivo una tantum di 7 milioni di euro per ogni concessione richiesta;

– il pagamento di un canone annuo di concessione determinato nella misura del 3% del margine netto del concessionario.

 

Sono, inoltre, introdotte specifiche penali in caso di mancato/ritardato versamento, di ritardo superiore a 30 giorni nella presentazione della documentazione e dell’inadempimento degli obblighi previsti dalla convenzione e sono previste ipotesi di risoluzione consensuale della convenzione.

 

Lo schema di D.Lgs. prevede anche che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli adotti le regole tecniche minime per l’organizzazione, da parte del concessionario, della propria rete telematica e dell’infrastruttura hardware e software di trasmissione dei dati ai fini della gestione della concessione e l’istituzione di un albo per la registrazione dei soggetti che esercitano attività di punti vendita ricariche.

 

Per tutelare il giocatore viene istituita la Consulta permanente dei giochi pubblici ammessi in Italia, il cui fine principale è individuato nel monitoraggio dell’andamento delle attività di gioco, incluse quelle illecite e non autorizzate, e i relativi effetti sulla salute.

 

Tra le misure previste per proteggere la salute dei giocatori:

  • limitazione e autolimitazione del gioco, messaggi automatici circa la durata del gioco e i livelli di spesa, contenuti informativi sul gioco patologico, monitoraggio dei livelli di rischio;

  • investimento da parte del concessionario di una somma pari allo 0,2% dei ricavi netti, comunque non superiore a 1 milione di euro per anno, in campagne informative o iniziative di comunicazione responsabile, secondo temi stabiliti da una apposita Commissione operante presso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria.

Dichiarazione integrativa per garantire l’effettività del diritto alla detrazione IVA

È possibile garantire l’esercizio del diritto a detrazione IVA attraverso una dichiarazione integrativa, relativa al periodo di imposta nel quale il diritto poteva essere esercitato (Agenzia delle entrate, risposta 18 dicembre 2023, n. 479).

L’articolo 19, comma 1, secondo periodo, del Decreto IVA stabilisce che il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile ed è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto e alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo.

Il momento da cui decorre il termine per l’esercizio della detrazione deve essere individuato nel momento in cui in capo al cessionario/committente si verifica la duplice condizione:

  • sostanziale, dell’avvenuta esigibilità dell’imposta;

  • formale, del possesso di una valida fattura redatta conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 21 del Decreto IVA.

É da tale momento che il soggetto passivo cessionario/committente può operare, previa registrazione della fattura, la detrazione dell’imposta assolta con riferimento agli acquisti di beni e servizi, ovvero alle importazioni di beni.

Il suddetto diritto può essere esercitato al più tardi entro la data di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui si sono verificati entrambi i menzionati presupposti e con riferimento al medesimo anno.

 

L’effettività del diritto alla detrazione dell’imposta e il principio di neutralità dell’IVA sono, in ogni caso, garantiti dall’istituto della dichiarazione integrativa, con la quale, in linea generale, è possibile correggere errori/omissioni che hanno determinato l’indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o di una minore eccedenza detraibile.

Pertanto, il soggetto passivo cessionario/committente, che non abbia esercitato il diritto alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti documentati nelle fatture, può recuperare l’imposta presentando la menzionata dichiarazione integrativa entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.

 

L’Agenzia delle entrate, dunque, ammette la possibilità di ricorrere all’istituto della dichiarazione integrativa nell’ipotesi in cui, per mero errore, ­il contribuente beneficiario del diritto alla detrazione, pur avendo ricevuto e registrato la fattura di acquisto, abbia omesso di esercitare tale facoltà tempestivamente.

 

Nella fattispecie oggetto di interpello, per errore, l’istante ha riversato all’erario l’IVA originariamente detratta con le liquidazioni periodiche, omettendo così di far confluire, nella dichiarazione IVA 2022, l’imposta relativa alle operazioni di acquisto documentate dalle fatture emesse nel 2021.

Ricorrendo la presenza del duplice presupposto, sostanziale e formale, pur non essendo stato esercitato ”tempestivamente” il diritto alla detrazione, resta possibile ”integrare” l’originaria dichiarazione presentata, senza versare alcuna sanzione.